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Volare in terra e camminare in cielo

martedì 22 novembre 2011

La Vera Carita'

Senza verità, la carità scivola nel sentimentalismo.

(Caritas in Veritate - Benedetto XVI)

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sabato 5 novembre 2011

Tutti in Cristo

Perche' non siamo tutti in Cristo? Perche' non ascoltiamo il suo dolce e soave richiamo eterno ad esseri fratelli uniti come un solo corpo? Perche' quando chi ci vuole bene e ci parla di Lui, non ascoltiamo, lo scherniamo, senza capire quale grande uomo ci stia portando al ciglio della casa nostra. Perche' non vediamo e seguiamo chi e' buono in Cristo affinche' ci porti da Lui? Perche' siamo cosi' testardi e convinti che la felicita' sia nella disperata ricerca delle forti emozioni di questo mondo che poi, inesorabilmente, ci lasciano senza alcun sorriso e nel vuoto per il resto del nostro tempo? Perche' non capiamo che la felicita' e' gia' in noi se solo lo volessimo, la felicita' e' gioia non e' spasso, la gioia che puo' giacere solo in un cuore puro come la neve e radicandosi in esso puo' darci un sorriso dalle cose piu' semplici, dai gesti di ogni giorno, in ogni istante, anche nelle prove piu' difficili.
Perche' ci hai amato tanto da darci la liberta', l'amore piu' grande? Come hai potuto Signore amarci cosi' tanto? Come hai potuto?

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martedì 1 novembre 2011

La tua sposa

Ci sono momenti in cui la tua sposa non capisce che dicendoti "tu sei Santo" in realta' santifica lei e che santificando lei santifica te.

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martedì 25 ottobre 2011

domenica 23 ottobre 2011

Un abbraccio eterno

Oggi il cuore si strappa e il Signore ti abbraccia.

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giovedì 8 settembre 2011

Qual è…

Il giorno più bello: oggi.
La cosa più facile: sbagliarsi.
L’ostacolo più grande: la paura.
L’errore maggiore: arrendersi.
L’origine di tutti i mali: l’egoismo.
La distrazione più bella: il lavoro.
La peggiore sconfitta: lo scoraggiamento.
I migliori professori: i bambini.
Il bisogno principale: la comunicazione.
Ciò che ci fa più felici: essere utili agli altri.
Il mistero più grande: la morte.
Il difetto peggiore: il malumore.
La persona più pericolosa: il bugiardo.
Il sentimento più disastroso: il rancore.
Il regalo più bello: il perdono.
La cosa più indispensabile: la famiglia.
La rotta più veloce: quella giusta.
La sensazione più piacevole: la pace spirituale.
La protezione più efficace: il sorriso.
La migliore medicina: l’ottimismo.
La soddisfazione più grande: aver fatto il proprio dovere.
La forza più poderosa del mondo: la fede.
Le persone più necessarie: i genitori.
La più bella delle cose: l’amore.

(Beata Madre Teresa di Calcutta)

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sabato 3 settembre 2011

Solo te!

Penso che a volte sia piu' semplice amare chi non vedi ma ti ama infinitamente senza deluderti mai, piuttosto che chi vedi ma ti mostra il suo cuore duro e fragile. E allora mi dico ama con l'aiuto di chi non vedi senza mai dare una speranza a quanto nella tua testa, continuamente, insistentemente ti sussurra "odia con tutto il cuore" chi e' ingiusto con te, "odia con tutto il cuore" chi ti disprezza per quello che sei, "odia con tutto il cuore" perche' quando eri indifeso sei stato colpito, odia perche' puoi solo odiare!

Mi dico allora che semmai devo odiare io odiero' solo te voce incessante e suadente, solo te che insisti affinche' io sia tuo schiavo, odiero' solo te che hai convinto gia' altri a non avere piu' fede , solo te che hai approfittato della loro fragilita' e li hai educati a non avere piu' speranza nell'amore. Solo te!

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venerdì 15 luglio 2011

Non la scienza

Non la scienza, ma la carità ha trasformato il mondo.

(Il Dottore e Santo Giuseppe Moscati)

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Gesu' mio


Gesu' mio, confido nella tua parola, nella verita' e nella vita che tu sei, nella strada che tu tracci, come un bambino lascio che tu mi guidi, lascio che tu nutra la mia anima, lascio che tu muova la mia bocca e la mia lingua, voglio che tu cambi il mio cuore per sempre affinche' venga condotto al padre, donami umilta' profonda.

Gesu' mio io confido in te!










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lunedì 4 luglio 2011

Sussurra

Gridiamo "non ci sei perche' non ti vedo" ma lo Spirito sussurra sempre "io ci sono perche' mi senti!".

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venerdì 27 maggio 2011

Quanto non e' vero

Quanto non e' vero che chi ama tanto il Signore possa essere solo sacerdote. Quanto non e' vero che solo il sacerdote possa essere Santo, che solo il frate possa essere Santo. Ognuno di noi puo' essere Santo e io voglio esserlo seppur il Signore abbia messo nel mio cuore amore per la mia sposa, seppur io non sia prete. Il Signore non ci vuole al suo servizio in modo uguale ma ognuno membro del suo corpo con funzioni diverse e Sante. Fatti prete ti dicono! Ma fattici tu gli rispondo! Non e' questo che ora vuole il Signore da me, non oggi! Se lo vorra' io diro' il mio si, ma non oggi. Quanto non e' vero ...anche chi e' sposo puo' essere Sposo!

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Le madri si preoccupano

A volte le madri si preoccupano solo se i figli soffrono e non se i figli amino veramente. Questo perche' le madri amano e forse proteggono istintivamente cio' che e' stato carne della loro carne e sangue del loro sangue. Se pero' i figli soffrono per amore abbiate speranza nel cuore e fede perche' essi gioiranno! Invece di dire i miei figli li stanno facendo soffrire dite, con la speranza nel cuore e fede, che voi siete sereni e compiaciuti perche' avete dei figli che amano pur soffrendo! Avete dei figli che amano oltre la sofferenza!

Maria nostra madre tu sola puoi insegnaci ad avere fede che la sofferenza dei figli per vero amore si trasforma in gioia eterna per loro e per noi!

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lunedì 16 maggio 2011

San Bernardo

San Bernardo fu mandato dal Vescovo in una parrocchia dove c'era un cattivo Sacerdote, egli rubava le offerte per i poveri, era alcolizzato e aveva un'amante. San Bernardo provò ad aiutarlo essendogli di esempio ma non funzionò, gli parlò, lo rimproverò, lo svergognò davanti la gente urlandogli ma non ebbe effetto. Alla fine si arrese, fece i bagagli per tornare al suo monastero, ma volle fermarsi qualche minuto in chiesa davanti il Santissimo. Lì disse: "Mi dispiace Signore, ho fallito, e adesso torno a casa." Si voltò e si incamminò nella lunga navata. Dall'altare sentì una voce, la voce di Cristo nel Tabernacolo che disse: "Io resto!"



Non importa quanti siano i Sacerdoti corrotti, io resto.

Non importa quanti cambiamenti ci siano, io resto.

Non importa quanti lasciano il Regno di Dio sulla Terra, io resto.

Fuori dal Regno non c'è Cristo.

Senza Cristo non c'è salvezza.

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giovedì 5 maggio 2011

Poverta' non miseria

Cosa testimonio' Gesu' sulla croce con le parole "Padre, nelle tue mani affido il mio spirito” (Lc 23,46)?
Gesu' con queste parole testimonio' il totale affidamento al Padre, alla divina provvidenza, il totale affidamento alle cose dei cieli. Lui non si affido alle cose di questa terra che lasceremo, che ci sono date in affitto, che possono esserci tolte in ogni momento, Gesu' manifesto' al mondo la poverta' dello Spirito, il totale affidamente a cio' che e' nei cieli e che e' per sempre!

La miseria e' garanzia della poverta' dello spirito? Non e' detto che da miseri ci si affidi a Dio ma invece puo' accadere che le ingiustizie che si vivono ci portino a essere operatori di iniquita' o a fare chissa' quali cose.

Gesu' era povero di spirito, e la Sacra famiglia stessa non era nella miseria, non era nella fame.

Gesu' chiamo' alla poverta' non alla miseria, la prima una ricchezza l'altra una disgrazia. Fu' la poverta' che rese S.Francesco Santo non fu' la miseria. La miseria non fa spazio a Dio, la poverta' dello Spirito si. Lo stereotipo del barbone buono e' un falso. Il barbone sara' misero ma potrebbe anche essere poco povero nello Spirito o non esserlo affatto. Se Dio volesse la miseria per noi come fine e scopo della nostra vita, forse vorrebbe il nostro male. A Gesu' non importa tanto cio' che abbiamo addosso in se' ma il vestito del nostro cuore, della nostra anima.

La miseria non è un merito ma una disgrazia (come diceva don Camillo a don Chichi)...

Spesso la Chiesa, l'alto clero, vengono criticati e ancor peggio giudicati per quanto indossano, per l'oro che usano, per le macchine, ma come dinanzi ad ogni uomo dobbiamo sempre badare alle tre dita che sono verso di noi quando puntiamo il nostro dito verso qualcuno. Cio' non toglie che l'impressione che alcuni uomini di Chiesa danno possa essere di attaccamento alle cose di questa terra...ma la nostra fede non e' nell'agire umano, la fede e' sempre in Dio perfetto povero, noi come uomini, tutti, compreso il Papa, abbiamo sempre, sempre bisogno della Sua infinita misericordia.

Sul valore delll'oro, argento, del denaro (e non solo), per S.Francesco, per Gesu' e addirittura per Dio, credo si possa riassumere un po' in questa pagina:


http://www.amicidomenicani.it/leggi_sacerdote.php?id=1444

Quesito

Caro Padre,
mi chiedo come può una Chiesa spesso opulenta (penso ai paramenti sacri degli alti Prelati, allo sfarzo delle cerimonie in Vaticano) coniugarsi con il messaggio di Gesù di estrema povertà?
Gesù non è nato Re o Capo di Stato, perché i suoi successori o comunque le alte personalità della Chiesa vivono come tali?
Stimo personalità come Francesco d'Assisi o Madre Teresa di Calcutta ma.... la Chiesa mi sembra molto distante da questi fulgidi esempi....
Non le pare ?
Un caro saluto
Francesco

Risposta del sacerdote

Caro Francesco,
1. la tua mail ripresenta molti luoghi comuni, non sempre corretti.

2. Parto dall’affermazione centrale della tua mail: dici che il messaggio di Gesù è di estrema povertà.
È proprio questo che Gesù è venuto ad annunciare e a portare agli uomini?
Gesù è venuto a dire agli uomini che devono vivere in estrema povertà?
Se così fosse, tu vivi in estrema povertà?
Tutti i tuoi sforzi finora li avresti fatti per vivere in estrema povertà secondo il modello che Gesù ti avrebbe dato?

3. Gesù è invece venuto a portarci i beni messianici.
Tra questi beni messianici vi è anche questa affermazione: “Date a Dio quel che è di Dio, e a Cesare quel che è di Cesare”.

4. Se vai a leggere la Sacra Scrittura, tanto nell’Antico come nel Nuovo Testamento, ti accorgerai che il Signore non chiede che il culto gli venga dato in estrema povertà.
Nell’Antico Testamento Dio stesso chiede a Mose che il tabernacolo e l’arca dell’alleanza, destinati a contenere le due tavole dove erano scritti i dieci comandamenti, dovevano essere fatti con il miglior materiale.
Ecco l’inizio del testo: “Il Signore disse a Mosè: «Ordina agli Israeliti che raccolgano per me un'offerta. La raccoglierete da chiunque sia generoso di cuore. Ed ecco che cosa raccoglierete da loro come contributo: oro, argento e rame, tessuti di porpora viola e rossa, di scarlatto, di bisso e di pelo di capra, pelle di montone tinta di rosso, pelle di tasso e legno di acacia, olio per il candelabro, balsami per unguenti e per l'incenso aromatico, pietre di ònice e pietre da incastonare nell'efod e nel pettorale. Essi mi faranno un santuario e io abiterò in mezzo a loro. Eseguirete ogni cosa secondo quanto ti mostrerò, secondo il modello della Dimora e il modello di tutti i suoi arredi.
Faranno dunque un'arca di legno di acacia: avrà due cubiti e mezzo di lunghezza, un cubito e mezzo di larghezza, un cubito e mezzo di altezza. La rivestirai d'oro puro: dentro e fuori la rivestirai e le farai intorno un bordo d'oro. Fonderai per essa quattro anelli d'oro e li fisserai ai suoi quattro piedi: due anelli su di un lato e due anelli sull'altro. Farai stanghe di legno di acacia e le rivestirai d'oro” (Es 25,1-13).
“Farai anche un candelabro d’oro puro” (Es 25,31).

5. Nel Nuovo Testamento: la città santa del Paradiso viene mostrata a Giovanni attraverso queste immagini: “Le mura sono costruite con diaspro e la città è di oro puro, simile a terso cristallo. Le fondamenta delle mura della città sono adorne di ogni specie di pietre preziose” (Ap 21,18-19).

6. Le nostre Chiese contengono ben più di quanto conteneva l’antica arca dell’alleanza.
E ciò che si legge nell’Antico Testamento è prefigurazione, ombra del Nuovo Testamento.
Per quanto riguarda l’Apocalisse: la liturgia della terra deve introdurre alla liturgia del Cielo.

7. Sia ben chiaro: gli oggetti preziosi non servono a Dio, ma il loro splendore serve per richiamare noi, per ricordare che stiamo facendo gli atti più grandi e più sublimi di culto.
E sono anche un segno della nostra fede, della nostra riconoscenza a Dio che ci ha resi partecipi di beni così grandi.
Non teniamo gli oggetti preziosi solo nelle nostre cassette, o nelle casseforti perché i ladri non li rubino. Ma li usiamo anche per dare a Dio il massimo splendore nel culto.

8. Nella Vita del santo Curato d’Ars si legge che viveva poverissimamente. Aveva licenziato la perpetua, perché per cibo si cucinava ogni settimana una pignatta di patate.
Ma per quanto riguardava il culto a Dio voleva che fosse sempre al meglio.
Era convinto che il culto esterno dev’essere un richiamo per il culto interno, oltre che un grande atto di amore.

9. San Francesco è vissuto poverissimo, ma anche lui voleva i vasi sacri fossero preziosi.
Ecco che cosa si legge nelle Fonti francescane: “Francesco sentiva tanta riverenza e devozione verso il corpo di Cristo, che avrebbe voluto scrivere nella regola che i frati ne avessero ardente cura e sollecitudine nelle regioni in cui dimoravano, ed esortassero con insistenza chierici e sacerdoti a collocare l'Eucaristia in luogo conveniente e onorevole. Se gli ecclesiastici trascuravano questo dovere, voleva che se lo accollassero i frati. Anzi, una volta ebbe l'intenzione di mandare, in soste le regioni, alcuni frati forniti di pissidi, affine di riporvi con onore il corpo di Cristo, dovunque lo avessero trovato custodito in modo sconveniente.
Volle inoltre che altri frati percorressero tutte le regioni della cristianità, muniti di belli e buoni ferri per far ostie”. (Fonti francescane n. 1635).
“Ardeva di amore in tutte le fibre del suo essere verso il sacramento del Corpo del Signore, preso da stupore oltre ogni misura per tanta benevola degnazione e generosissima carità. Riteneva grave segno di disprezzo non ascoltare ogni giorno la Messa, anche se unica, se il tempo lo permetteva. Si comunicava spesso e con tanta devozione da rendere devoti anche gli altri. Infatti, essendo colmo di reverenza per questo venerando sacramento, offriva il sacrificio di tutte le sue membra, e quando riceveva l'agnello immolato, immolava lo spirito in quel fuoco, che ardeva sempre sull'altare del suo cuore.
Per questo amava la Francia, perché era devota del Corpo del Signore, e desiderava morire in essa per la venerazione che aveva dei sacri misteri.
Un giorno volle mandare i frati per il mondo con pisside preziose, perché riponessero in luogo il più degno possibile il prezzo della redenzione, ovunque lo vedesse conservato con poco decoro” (Fonti francescane n. 789).
“Voleva che si dimostrasse grande rispetto alle mani del sacerdote, perché ad esse è state conferito il di potere di consacrare questo sacramento. "Se mi capitasse - diceva spesso - di incontrare insieme un santo che viene dal cielo ed un sacerdote poverello, saluterei prima il prete e correrei a baciargli le mani. Direi, infatti, Ohi, Aspetta, san Lorenzo, perché le mani di costui toccano il Verbo di vita e possiedono un potere sovrumano” (Fonti francescane n. 790).

10. Gesù Cristo stesso non ha rimproverato la donna che ha rotto per lui un vasetto di nardo molto prezioso, ma l’ha lodata.
Ecco il testo: “Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betània, dove si trovava Lazzaro, che egli aveva risuscitato dai morti. E qui gli fecero una cena: Marta serviva e Lazzaro era uno dei commensali. Maria allora, presa una libbra di olio profumato di vero nardo, assai prezioso, cosparse i piedi di Gesù e li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì del profumo dell'unguento. Allora Giuda Iscariota, uno dei suoi discepoli, che doveva poi tradirlo, disse: «Perché quest'olio profumato non si è venduto per trecento denari per poi darli ai poveri?». Questo egli disse non perché gl'importasse dei poveri, ma perché era ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro. Gesù allora disse: «Lasciala fare, perché lo conservi per il giorno della mia sepoltura. I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me»” (Gv 12,1-8).
Un denaro era la paga giornaliera di un operaio.
Trecento denari sono la paga quasi di un anno.
Gesù non l’ha rimproverata, anzi l’ha lodata. Gesù è venuto incontro all’esigenza del nostro animo di manifestare anche con segni permanenti il nostro affetto verso di Lui.

11. Mi parli del Papa e di alte personalità della Chiesa vivono come Re e Capi di Stato.
Gli eventi (potrei dire la Divina Provvidenza) hanno portato ad esigere per la Chiesa un’autonomia anche di territorio per poter esprimere liberamente il proprio messaggio.
Pensa se il Papa vivesse in Italia e se in Italia andasse su un governo che impedisse del tutto alla Chiesa di vivere e di insegnare il vangelo.
Pensa se la sede del Papato fosse stata a Praga o a Budapest durante il quarantennio comunista. Come avrebbe potuto esprimersi pubblicamente?
Abbiamo visto come la Chiesa ortodossa di Mosca durante il settantennio comunista sia stata legata al potere per poter sopravvivere. E per fortuna che le Chiese ortodosse non hanno influsso sulle chiese che vivono fuori della loro nazione, come capita invece nella Chiesa cattolica, dove il vescovo di Roma ha un primato su tutti gli altri vescovi.
Che cosa avrebbe fatto il patriarca di Mosca se avesse avuto il governo di tutte le Chiese del mondo? Per poter sopravvivere avrebbe dovuto essere senz’altro un collaborazionista di coloro che ritenevano la religione un oppio dei popoli.
Le circostanze storiche hanno portato a questa esigenza.
Ma poi, a ben vedere, quant’è grande lo Stato di cui il papa è Capo? Sotto questo aspetto aveva ragione Stalin a ironizzare: “Quante divisioni ha il Papa?”. Lo diceva per dire che il potere del Papa è insignificante.
Certo, insignificante sotto il profilo del dominio politico, ma non su quello dell’insegnamento morale.

12. Con questo non nego che l’impressione che alcuni ecclesiastici possono dare possa essere talvolta di un certo amore per le cose del mondo, mentre dovrebbero essere testimoni di un amore più grande per Gesù Cristo e e di una sollecitudine più viva per la salvezza eterna degli uomini.

Ti ringrazio sentitamente per la domanda che mi hai posto.
Ti assicuro un ricordo nella preghiera e ti benedico.
Padre Angelo

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lunedì 2 maggio 2011

Divina Misericordia

O mio Signore, mio Gesu' Tu mi giudicherai con tutto il Tuo Amore e cosi' come oggi, guarderai la miseria della mia anima. Oggi ero in ginocchio dinanzi la Tua divina immagine, infedele alla Tua infinita bellezza. Mentre pregavo nella Chiesa a Te devota prendevo coscienza che i miei occhi non riuscivano a guardare il Tuo volto. La mia sofferenza, quella di questa vita non bastava a redimermi, nulla da me sarebbe mai bastato e bastera', mai! Nonostante io facessi violenza su di me, nonostante io dicessi a me stesso "alza gli occhi ora", nonostante io stessi governando il mio corpo e ordinassi a me stesso di farlo, non riuscivo a guardarTi, quegli occhi mi avrebbero denudato, mi avrebbero spogliato di ogni cosa. Il mio sguardo arrivava fino ai Tuoi Santi piedi, unico mio rifugio. I tuoi piedi... un muro oltre il quale non potevo andare. La miseria che veniva da me era cosi' tanta che nulla, se non il tuo Santo Spirito, poteva sollevarla fino a sostenere la luce del Tuo viso, una luce che non lascia spazio alle ombre ma rende tutto trasparente e nuda Verita'.

Solo il pentimento, solo la Tua croce mi salva e ha sollevato oggi, con la tua misericordia, i miei occhi a Te, al Tuo volto divino. Gesu' mio, io non posso far altro che confidare in Te, nel Tuo cuore Santissimo.

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mercoledì 13 aprile 2011

domenica 20 marzo 2011

San Giuseppe





venerdì 11 marzo 2011

La scienza e la Resurrezione

In quel tempo ci furono dei discepoli afflitti e annientati dalla morte del loro maestro, della loro guida. Pensavano avesse fallito. Dal giorno in cui si profetizza la resurrezione andarono in tutto il mondo e morirono per Gesu'. Perche'? Quale forza li ha spinti a tanto? Quale cambiamento? Inoltre cosa ha spostato la pietra del sepolcro?

Gesu' venne posto all'interno di una solida tomba scavata nella roccia, chiusa da una pietra di quasi due tonnellate, per renderla sicura, proprio per il fatto che Gesù aveva detto pubblicamente che sarebbe risorto dopo tre giorni. Una pattuglia di soldati romani era stata messa a guardia del sepolcro, un sigillo romano ufficiale venne affisso all'entrata della tomba per testimoniare l'appartenenza al governo. Nonostante tutto cio' la pietra che sigillava il sepolcro venne trovata in cima ad un pendio, distante dalla tomba.

La scienza che dinanzi al mistero della nascita, dinanzi al mistero della morte, dinanzi al mistero del riprodurre la complessita' umana non ha risposte, la scienza che dinanzi al comportamento umano, alla sua psicologia ha mille risposte ma nessuna dinanzi all'amore, nessuna dinanzi alla sofferenza, nessuna dinanzi alle migliaia di miracoli avvenuti sulla terra liquidati con la frase "inspiegabile scientificamente". La scienza fa quel che puo' ma non e' onniscente e ci sono cose che sono oltre il limite della razionalita' ma accettare in noi questo e' difficile, significa che qualcosa e' sopra di noi, e' oltre noi. Einstein come altri scienziati ne hanno sempre pralato. Accettare questo pero' deve avvenire nella liberta'. Come nell'amore e' necessario sentirsi liberi di crederci.

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giovedì 10 marzo 2011

Perche digiunare?

Perche' digiunare, perche' astenersi?
Per fare in me un piccolo spazio al Signore, al suo infinito amore, tra i miei mille peccati.

Perche' dovrei rinunciare a qualcosa oggi?
Perche' voglio amare sempre piu' la mia sposa, voglio amare con l'aiuto del Signore allo stesso modo quanti non vogliono il mio bene e quanti mi amano.
Voglio digiunare per amare!

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lunedì 7 marzo 2011

Come una spada

"Gesu', come una spada, con la sua parola, si infilza, tocca il cuore, ti costringe a reagire".

Da un'omelia di Don Giovanni.
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I bambini

E' incredibile come i bambini sappiano scrutare la tua anima, sappiano capire con un solo sguardo se i tuoi occhi sono sinceri, sappiano farti capire se tu stia veramente amando con il cuore.

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martedì 1 marzo 2011

Amore mio!

Amore mio! Quanto tu sei nel cuore mio! A volte ti guardo e penso che il Signore ha tanti figli e uno di essi sei tu, la mia moglie amata.
Se avessi solo ascoltato il suo richiamo io ti avrei null'altro che perdonata, null'altro che resa felice, null'altro che servita, null'altro che capita, null'altro che affiancata, null'altro che guardata, null'altro che protetta, null'altro che ascoltata, null'altro che portata da Gesu', null'altro che accarezzata, null'atro che amata e invece io ho null'altro che cercato, a volte invano, di fare tutto questo, ho cercato a volte invano di fare cio' che il Signore mi gridava e mi gridava in silenzio. Nessuno di noi sfugge al male, tantomeno il mio cuore, tantomeno la mia anima tantomeno con te la persona che dovrei amare piu' d'ogni altra.
Ogni passo fatto nel Signore e' benedetto per noi, e' inizio di un nuovo giorno. Ogni passo fatto lasciando la sua mano santa, e' stato maledetto, e' stato smarrimento... e' smarrimento.
Qui su questa terra tu sei il punto da cui parto e il punto in cui ritorno sempre, un cerchio che disegna il nostro essere famiglia per sempre, quella nuova famiglia di cui tanto abbiamo bisogno.
Nel mio cuore dimora il tuo pianto, il tuo sorriso, nel mio cuore dimora la tua presenza.

Sposa mia amore mio!

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martedì 22 febbraio 2011

I sacerdoti, in loro Gesu', una porta verso il Paradiso

Senza fine

Gesu' mio non finirari mai di perdonarmi per quanto io commetto contro di te e contro il Padre.

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mercoledì 16 febbraio 2011

Amma' Madre mia, Madonna mia

Amma' Tu chiami e pronuci il mio nome. Il mio nome diviene Santo nella grazia della Tua voce. Mi fermi e mi chiami. In quel momento io sono, so' che Tu tieni a me come un figlio, Tu mi vuoi cosi' come sono, per cio' che di buono e unico e' in me, prima lo speravo, ora lo so'. Lo Spirito Santo canta al mio cuore e alla mia mente, alla mia anima, quello Spirito di Sapienza tanto caro al Tuo figlio Gesu', dono per noi. Lui mi rivela la tua Maternita', Lui apre il mio cuore prima socchiuso. Nonostante il peccato tenti di soffocarmi, Tu mi difendi e chiedi perdono per me. Mi chiami e la pace riecheggia nel cuore mio come non mai, la gioia arriva in un istante, un istante che vorrei durasse per sempre ma che e' per sempre. So' che se saro' degno nel cuore al momento del giudizio mio, io arrivero' da Te, ma Ti chiedo come posso esser degno io del candore della Tua voce, della carezza delle Tue parole, del Tuo amore? Solo la Tua Grazia puo' elevarmi. Le Tue parole seppur semplici e poche al mio intelletto, divengono infinite nello Spirito, lucenti e chiare come mai.
Maria, Madre mia, con una sola parola, chiamandomi, Ti ho conosciuto, con il mio nome hai segnato la vita mia per sempre.

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Giudicare

In questa intervista del 2001 a Mirjana, veggente di Medjugorje, rifletto su cosa vuole Amma', la Madre nostra Maria, da chiunque abbia la grazia di essere apostolo del Signore. Essa e' una grazia che il Signore ha in serbo per tutti ma Condicio sine qua non essa si realizzi diviene la nostra volonta'.
Nonostante questa nostra apertura pero' sembra proprio che essa debba essere sempre sposata anche dal Padre, un Padre che magari piu' volte e' passato senza che noi lo abbiamo accolto, un Padre che ci e' venuto incontro in ogni modo e nel momento in cui il suo amore avrebbe trovato degna dimora in noi. Da questa intervista capisco che non dobbiamo biasimare chi non ha conosciuto l'amore del Signore ma aiutarlo a conoscerlo, prepararlo a quell'incontro che purtroppo non e' ancora avvenuto, preparare a quell'incontro con carita' e amore fraterno, ognuno con cio' che puo' dare di se'.

"La Madonna non dice mai "non credenti", ma lei, che è la Madre di tutti, li chiama "quelli che non hanno ancora conosciuto l'amore del Signore". Lei chiama così i non credenti. Questa per me è un'esperienza molto importante e io sono contenta di avere la possibilità di parlarne a così tanti ascoltatori. Se tutti incominciassero a fare ciò che la Madonna vuole per i non credenti, noi asciugheremmo le lacrime dal suo viso, perché innanzi tutto lei vuole che sentiamo amore per loro e che li sentiamo come nostri fratelli e sorelle, i quali non sono così fortunati come noi nel conoscere l'amore del Signore. E quando abbiamo questi sentimenti, allora si prega volentieri per loro. Non dobbiamo giudicarli, non sforzarli, non fare prediche, ma semplicemente amarli, pregare per loro e dare il nostro esempio. La Madonna vuole salvare tutti e non sarai contenta finché ognuno di noi non diverrà un bouquet di fiori che lei vuole donare a suo Figlio."

"Per la Madonna non esistono figli privilegiati; una mamma ha per tutti i suoi figli un uguale amore. La Madonna ha scelto me perché tramite me comunica dei messaggi, ma ha anche scelto ognuno di voi, perché ciò che faccio io con i messaggi è di invitare voi ad essere suoi apostoli, per diffondere ovunque i messaggi che il Signore dà a noi. Dunque siamo tutti uguali, tutti scelti, importanti e privilegiati. Se qualcuno è privilegiato per la Madonna, questi sono i sacerdoti, perché in questi ultimi tempi lei mi parla proprio dei sacerdoti. Io sono stata tante volte in Italia e ho visto una grande differenza rispetto a qui nel modo di trattare i sacerdoti. Qui da noi, quando un sacerdote entra in casa, noi tutti ci alziamo, nessuno incomincia a parlare prima che parli, nessuno si siede per primo, perché noi sappiamo che, tramite il sacerdote, il Signore Gesù entra nella nostra casa. La Madonna dice sempre: "I sacerdoti non hanno bisogno del vostro giudizio e delle vostre critiche, ma hanno bisogno del vostro amore e delle vostre preghiere". Dio alla fine giudica tutti: noi saremo giudicati per il nostro comportamento con i sacerdoti e i sacerdoti per ciò che hanno fatto come sacerdoti. La Madonna dice che se noi perdiamo il rispetto per i sacerdoti, perdiamo poi il rispetto anche per la Chiesa e per nostro Signore. Se pensiamo che il nostro sacerdote faccia ciò che non dovrebbe fare, non perdiamo tempo a parlare in giro di questo.
Preghiamo per lui e chiediamo al Signore che lo aiuti a capire. Allora, se qualcuno è privilegiato, questi sono i sacerdoti. La Madonna dice sempre: "I sacerdoti rappresentano mio Figlio". Anche per quanto riguarda la benedizione lei dice durante le apparizioni: "Io vi dò la mia benedizione materna, ma la benedizione più importante che potete ricevere sulla Terra è quella che vi danno i sacerdoti, perché, tramite loro, mio Figlio vi benedice". Allora se qualcuno è privilegiato, sono solo i sacerdoti."

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lunedì 14 febbraio 2011

Sia fatta la nostra volonta'

Amici, Dio ha lasciato a noi la scelta e la liberta' di volerLo, di volere l'unione eterna con il Padre. Gesu' nella Santa preghiera al Padre nostro dice "...sia fatta la tua volonta'come in cielo cosi' in terra...". Dio ha voluto che noi vogliamo, ci ha lasciati liberi di volerLo per sempre.

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venerdì 11 febbraio 2011

La carita' e la salvezza

Chi opera per gli altri, specialmente per quanti hanno piu' bisogno, diviene operatore di equita', chi da' acqua e cibo a un povero e' come se lo avesse fatto direttamente a Gesu', direttamente a Dio. Ma quante tentazioni a non farlo! La forza delle tentazioni non e' equiparabile alla gioia che tolgono? Umilmente chiedo scusa se le mie parole possano essere viste come irrispettose per queste persone ma rammento loro e ricordo a me stesso di non preoccuparmi solo della fame del loro corpo ma sempre anche della fame della loro anima, di preoccuparmi e aver cura della loro salvezza della loro sazieta' eterna.

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L'inferno esiste

Amici, l'inferno esiste e per cio' che riguarda la sua esistenza io non mi affido a una mia opinione personale ma mi affido a chi ha fatto grandi cose qui, a chi ha amato piu' di ogni altro uomo che ha toccato questa terra, a chi ha detto al padre di perdonare i fratelli mentre questi gli sputavano, lo schiaffegiavano, lo crocifiggevano, a chi ha fatto risorgere i morti, a chi ha restituito una dignita' anche agli ultimi degli ultimi, a chi ha reso i poveri ricchi nel cuore, a chi non ti guardava negli occhi quando sbagliavi per non umiliarti, a chi ha vinto la morte risorgendo, per quanto mi riguarda mi affido a Gesu il Cristo, il Messia. Mi affido a Lui perche' Lui ha amato piu' di tutti e nonostante abbia cercato non ho trovato nessuno come Gesu', perche' la mia e l'anima degli altri per me e' importante e perche' tutto quello che ho qui finisce, non posso affidarmi a delle mie fantasie personali, non posso affidare te e me a uno qualunque. L'anima e il corpo e' tutto cio' che abbiamo, dobbiamo affidarla in mani sicure non possiamo andare a caso.

Quest' Uomo ha spiegato bene cosa e' il Paradiso e l'inferno, tanto che quest'utlimo lo ha definito la geenna. La geenna, una valle dove i bambini venivano uccisi, un posto in cui si uccidevano i piccoli, come nei lager ma con diversi ideali. Immagino questo luogo tra i piu' terribili e vuoti d'amore, tra i piu' pieni di odio, desolazione, tristezza, in una parola tra i piu' dannati mai esistiti.

La voglia di fare festa c'e' in me come in voi (credo) ma non e' quella infernale almeno per me. Non illudiamoci che nel Paradiso ci sia silenzio e noia, nel Paradiso c'e' gioia e amore, in Paradiso c'e' vita!


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Dio non punisce ma ti lascia libero

Credo che una delle peggiori illusioni sia che Dio mi mandi all'inferno per punirmi. Dio lascia semplicemente che io vada li' dove voglio andare dopo aver dato tutto se' stesso per convincermi del contrario. L'onnipotenza che Dio ci ha affidato e che ci rende simili a Lui piu' di ogni altra cosa e' forse proprio la liberta', una liberta' che puo' rendere vano, con il nostro rifiuto, anche il sacrificio piu' grande come quello del figlio di Dio. Gesu' morirebbe crocifisso nuovamente per un suo solo fratello da salvare, morirebbe nuovamente per una sola anima con cui gioire per sempre nei cieli con il Padre, morirebbe nuovamente per un solo cuore in cui poter infondere il suo incomparabile, infinito amore.

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sabato 5 febbraio 2011

La sofferenza. Perche'?

Un pensiero che ho molto apprezzato di una persona che non conosco ma al quale Gesu' mi unisce.

Da http://www.cattoliciromani.com/forum/showthread.php/bene_male_sofferenza-33424.html?p=803621 di Federico Pellettieri:

" Uno dei problemi che da sempre ha assillato la mente umana nel tentativo, mai riuscito, di addivenire ad un’accettabile soluzione è quello relativo alla sofferenza: sofferenza intesa, nel senso più lato del termine, come mancanza di uno o più elementi che riteniamo costituire i cardini su cui fondare una presunta felicità di vita. Dalla mancanza della salute fisica, nella sua infinita varietà di forme, con riferimento alle singole cause determinanti la menomazione (malattia, violenza subita da altri soggetti o per cause naturali ed ogni forma di carenza nella zona psicologica-affettiva, causa di sofferenze, a volte, più devastanti delle prime), fino ad arrivare alla mancanza più radicale che è quella della vita stessa.
Ma se accade che ognuno sia, più o meno, disposto ad accettare la sofferenza (compresa, innanzi tutto, la morte) che colpisce il soggetto in maniera del tutto naturale e quella, anche se non ricadente in modalità oggettivamente naturali, che riguarda una persona ritenuta “meritevole” di un certo tipo di punizione, ciò che resta oltremodo difficile da accettare è ogni tipo di sofferenza che ricade sul soggetto inerme, debole, soprattutto se in tenera età, in maniera oggettivamente al di fuori di qualsiasi plausibile giustificazione: in parole povere, la sofferenza del “giusto”.
La domanda, allora, che ci si pone circa l’origine della sofferenza è sempre la stessa: come può il Dio in cui crediamo – unico vero ed assoluto Bene – consentire che avvengano tutti gli orrori (siano essi causati da eventi naturali o attribuibili alla malvagità umana) ai quali siamo costretti ad assistere da passivi spettatori, in quanto destinatari del quotidiano bombardamento dei più diversi mezzi di informazione che tali fatti non evitano di mettere in particolare risalto per soddisfare, d’altra parte, la nostra, a volte masochistica, curiosità? Può essere stato Dio a creare il Male?
Il libro di Giobbe dà un’esauriente risposta a tali domande, anche se in modo, apparentemente, provocatorio.
Dio, in un colloquio con Satana – che mi sembra unico nel suo genere – accetta che quest’ultimo tenti il “giusto” Giobbe con ogni specie di sventure sempre più dure ed inspiegabili: alla fine Giobbe accusa un cedimento nella sua proverbiale pazienza e chiede a Dio spiegazioni di tutto quello che gli capita. “Eri tu con me quando ho creato il mondo?....quando ho diviso le acque dalla terra ferma?....quando ho creato gli animali?.......”. Giobbe capisce ed accetta tale risposta che, apparentemente, tale non è: i suoi mali non vengono da Dio, ma non gli è consentito di indagare oltre; l’argomento, infatti, resta coperto dal mistero, secondo gli imperscrutabili disegni divini. Ma se Dio, sommo Bene, non ha creato il Male, può il Male considerarsi un’entità contrapposta al Bene e, comunque, quando è comparso il Male?. Il Male, come opposizione al Bene al fine della sua negazione, è comparso con la ribellione di Lucifero e dei sui angeli verso Dio: la creatura angelica diventata diabolica, per sua libera scelta, non costituisce, peraltro, la personificazione del Male, ma ad esso tende, assumendosi anche il compito di perenne tentatore dell’uomo al fine di distoglierlo il più possibile dal Bene, per il quale l’uomo è, invece, preordinato.
Il Male, quindi, va considerato come il fine da raggiungere, da parte delle creature diaboliche nella continua lotta contro il Bene, senza, peraltro, mai riuscirci: la contrapposizione del Male al Bene è molto efficacemente, da qualcuno, paragonata all’attacco della ruggine verso il ferro: La ruggine (il Male) corrode il ferro (il Bene) ma non lo potrà mai distruggere totalmente, dato che, in tale ipotesi, distruggerebbe sé stessa. Sempre in tema di similitudini, altri ha paragonato il rapporto tra il Bene ed il Male a quello sussistente, in un pezzo di groviera, tra il formaggio ed i buchi.
Sulla base di quanto sopra osservato, risultano così evidenziati i due aspetti salienti del Male: il Male della pena (sofferenza) ed il Male della colpa (peccato), tra i quali, però, sussiste un misterioso rapporto di correlazione ed interdipendenza.
E’, infatti, di comune evidenza che il male della pena non ricade quasi mai, se non per circostanze che possono apparire del tutto accidentali, sull’autore del male della colpa, ciò in quanto la Giustizia divina non si realizza in questo mondo.
Per mera non riscontrabile intuizione, o suggestione, potrebbe ipotizzarsi un bilanciamento globale universale tra i due aspetti del Male, per cui al Male della colpa corrisponda un Male della pena cui, oltre a tutti gli uomini, partecipi anche tutto il creato, dal mondo animale, a quello vegetale, a tutta la natura in genere, dato che è lecito ipotizzare che il male della pena non sussisterebbe in assenza del male della colpa.
Ma se il problema del Male resta pur sempre un fatto misterioso, quale valore attribuire alla sofferenza, quando mi accorgo che a soffrire, come si è detto, sono i “giusti” ?.
Forse potrebbe essere utile per la risposta, il ricordo di un antico racconto ebraico, ambientato alla corte del Re Salomone.
Una povera vedova ha nella dispensa della sua modesta abitazione solo tre pani. Alla sua porta bussano tre mendicanti ai quali, l’uno dopo l’altro, consegna tutto il pane che ha, confidando nell’aiuto del Signore.
Si reca così a mendicare alla bottega di un ricco fornaio, il quale, rifiutando ogni aiuto, concede alla vedova di raccogliere i cicchi di grano dispersi per terra: la vedova accetta e ringrazia e, dopo un lungo e faticoso lavoro di ricerca, riesce a mettere insieme una discreta quantità di grano, tanto da riempire un sacchetto. Piena di gioia, ringraziando e lodando il Signore, la vedova intraprende la strada del ritorno a casa con il suo prezioso bottino. Senonché per strada viene colta da una grande bufera di vento: un soffio particolarmente impetuoso la sbatte per terra; nel rialzarsi si accorge di aver perso il suo sacchetto, portato via dal vento.
Comincia allora ad imprecare contro il vento che con quell’azione aveva dimostrato di non obbedire al Signore e contro lo stesso Signore che aveva consentito quanto accaduto. Sconsolata, si reca da Salomone per chiedere aiuto, dopo aver raccontato la sua sventura. Salomone la fa aspettare in una sala, dato che, in quella attigua deve ricevere alcuni mercanti che gli hanno chiesto udienza: costoro consegnano a Salomone la metà del ricavato della vendita della loro merce, trasportata in quella città con la loro nave, facendo presente di corrispondere, in tal modo, ad un loro voto al Signore per uno straordinario miracolo a loro stessi capitato. Infatti, mentre navigavano, erano stati colpiti da una violenta bufera che aveva prodotto una falla nella fiancata della loro nave che stava, perciò, affondando: in quella disperata situazione rivolgono un’accorata preghiera al Signore e sono, così, misteriosamente salvati. Successivamente, entrati in porto, avevano avuto modo di rendersi conto delle modalità dell’intervento divino, una volta portata la nave in secco ed aver notato che la falla risultava sorprendentemente tappata da un sacchetto di grano che, a riprova dell’accaduto, consegnano a Salomone.
Salomone, dopo aver mostrato il sacchetto alla vedova ed aver avuto conferma che era proprio quello da lei perduto, le offre la metà delle monete consegnate dai mercanti; la vedova rifiuta l’offerta, riprendendosi il sacchetto e ringraziando il Signore per averle fatto capire che anche il vento, nonostante le contrarie apparenze, aveva obbedito ai disegni divini.
Ma come può la sofferenza propria costituire sorgente di bene, oltre che per sé stessi, anche per gli altri?
La sofferenza è un mistero, come del resto mistero è la stessa vita dell’uomo: è un libro sigillato che non è dato ad alcuno di aprire e leggere, se non all’Agnello immolato.
E’ solo, infatti, meditando sulla sofferenza di Cristo crocifisso che l’uomo può, se non comprendere, almeno accettare il valore salvifico della sofferenza, se vissuta per amore e con amore nella partecipazione, per dono di Dio e libera scelta personale, alla Sua opera redentrice.
Quel giorno su quel monte le croci erano tre: tre uomini morivano apparentemente con la stessa morte e subendo le stesse pene; ma quale differenza tra loro!
La prima era la sofferenza di chi la rifiutava e continuava ad imprecare contro il Signore ed a nulla serviva; la seconda era la sofferenza accettata e giustificata per i propri peccati e, perciò, risultava a vantaggio della propria salvezza; la terza, infine, era quella del vero Giusto che volontariamente si offriva per la redenzione degli altri. A quest’ultima, comunque, non può attribuirsi un valore meramente soddisfattorio, tale da giustificarla su di un piano apparentemente giuridico, sulla base di criteri di giustizia umana che, d’altra parte, farebbe apparire la figura del Padre come un Dio, quasi vendicatore, che resta in attesa dell’espiazione della pena, per rimediare, così, all’offesa ricevuta; il suo valore salvifico va ricercato nell’adesione liberta e volontaria alla stessa: a tale sofferenza deve ritenersi misteriosamente associata la compassione del Padre, per la passione del suo unico Figlio, venendo meno, in caso contrario, lo stesso mistero Trinitario.
Ma, allora, può, forse, sostenersi che la sofferenza costituisce luogo privilegiato d’incontro con il Signore?
Non ci sono dubbi che particolari situazioni di sofferenza (sia dal punto di vista oggettivo che soggettivo) possano notevolmente contribuire al realizzarsi di quell’incontro. Non può, nello stesso tempo, escludersi che le stesse situazioni possano, invece, sortire l’effetto contrario: a volte, infatti, di fronte all’impossibilità di dare soddisfacenti risposte a malanni che oggettivamente appaiono sproporzionati ed insopportabili, può capitare che insorga un’incontrollata reazione contro tutti ed, in particolare, contro Dio stesso, in quanto ha permesso il verificarsi di certi eventi, dei quali è difficile trovare una qualsivoglia giustificazione e che appaiono quasi il frutto di un’autentica persecuzione; la stessa proverbiale pazienza di Giobbe subì un arresto, sia pure momentaneo, che sfociò in una vera e propria imprecazione contro Dio.
Di contro, situazioni di tutta tranquillità (sia sotto l’aspetto economico, che della salute, del lavoro e dei rapporti umani) non è detto che debbano necessariamente distogliere l’attenzione da problemi d’ordine esistenziale: può benissimo accadere che proprio un vita siffatta, priva di qualsivoglia contrarietà (ammesso che ciò possa, comunque, realizzarsi) determini l’insorgere della consapevolezza di una vita priva di significato e, di conseguenza, della necessità di una profonda indagine introspettiva che porti alla ricerca della vita “vera”, sulla via della Verità.
La fede è, in effetti, un dono del tutto gratuito del Signore che viene concesso a quanti con un libero atto della propria volontà si determinano, in apparente contrasto con ogni logica umana, a rendersi disponibili all’azione della Grazia divina: del tutto arbitraria, appare, comunque, la ricerca di particolari situazioni che possano favorire il manifestarsi di detta disponibilità. Innumerevoli, imprevedibili, sconvolgenti, ed a volte oggettivamente irrilevanti, sono, infatti, le particolari circostanze che in modo repentino, quasi folgorante, possono determinare un radicale cambiamento della propria vita, abbandonando, senza rimpianti la vecchia via, per intraprenderne una nuova, nella sequela del messaggio evangelico.
La sofferenza, comunque, resta sempre uno dei misteri più impenetrabili della fede cristiana ed è, per questo, che su di essa convergono le maggiori domande dell’uomo: perché si soffre, quali sono le cause e, soprattutto, perché tanta palese ingiustizia in essa, dato che a soffrire, il più delle volte, sono i soggetti più deboli, indifesi e meno meritevoli di castigo ?
La sofferenza, si dice, ha il suo fondamento nella colpa dell’uomo: ma se ciò è facilmente riscontrabile ogni volta che la sofferenza di qualcuno deriva direttamente dalla colpa di un altro, come accade in tutti i casi di violenze personali subite per la ferocia di un altro soggetto ( o, comunque, per mera sua colpevole negligenza), di atti terroristici ed, in genere, di qualsiasi altro comportamento addebitabile a qualcuno, sia soggetto individuale oppure collettivo, ivi compresi i conflitti bellici, ci sono, d’altra parte, innumerevoli casi nei quali non è percepibile alcun rapporto di causalità con l’intervento umano, come le malattie in genere e tutti i disastri naturali, come terremoti, maremoti ed altri fenomeni naturali che mietono, a ripetizione, un numero enorme di vittime inconsapevoli: ed è proprio con riferimento a quest’ultimi casi che quelle domande attendono, con più insistenza, adeguate risposte, anche se, con un’indagine più approfondita, potrebbe sostenersi che anche tali eventi sono, sia pure indirettamente, riconducibili, a volte, all’azione dell’uomo. Non si può, infatti, negare che la morte di un numero considerevole di bambini innocenti, nelle zone più depresse, per denutrizione, sia il frutto dell’ingiusto accentramento della ricchezza, determinato da uno sfrenato ed egoistico accaparramento di beni da parte di una minoranza di persone, mentre molte delle stesse calamità, così dette “naturali”, e numerose malattie sono riconducibili, invece, ad interventi devastanti sul territorio, come l’abnorme sfruttamento del suolo e l’immissione incontrollata di sostanze inquinanti, tutti interventi addebitabili all’opera dell’uomo.
Se accettassimo, comunque, l’idea che la sofferenza non esisterebbe sulla terra qualora non esistesse il male della colpa, se accettassimo l’idea che la salvezza di ogni singolo individuo può realizzarsi solo all’interno di un “popolo”, superando ogni idea individualistica, estranea alla fede cristiana, realizzando l’esodo dalla prigionia del proprio “io”, solo allora capiremmo quanto inutile sia soffermarsi sulla precedente distinzione e potremmo accettare l’idea che un’umanità senza una sofferenza, redentrice del peccato del mondo, sarebbe un’umanità disumanizzata.
E’ il peccato (così come comparso, fin dalle sue origini, con la ribellione di Lucifero e delle sue schiere) la causa principe della sofferenza e della condanna del genere umano, condanna che sarebbe stata irrevocabile se non fosse intervenuto l’Avvento del Figlio di Dio che, fattosi uomo ed assumendo su di sé tutto il peccato del mondo, ha offerto in sacrificio la propria vita, non come atto di riparazione e compensazione dell’offesa fatta a Dio, bensì come atto di folle amore per l’uomo, partecipando alla potenza suprema, perdonante di Dio, aprendo, così, per tutti e per sempre la strada della salvezza. “Un Dio che ci concedesse dall’alto il perdono non potrebbe che essere sospetto. Non c’è nulla di più sospetto di un certo modo paternalista di dire: io ti perdono. Ma un Dio fatto uomo che perdona morendo, la cui morte è simultaneamente perdono, e perdono universale, come potrebbe essere sospetto?” (François Varillon: Gioia di credere gioia di vivere).
“La sofferenza fa parte dell’esistenza umana”. Così afferma Benedetto XVI nell’enciclica “Spe salvi” e così prosegue: “ Essa deriva, da una parte, dalla nostra finitezza, dall’altra, dalla massa di colpa che, nel corso della storia si è accumulata e anche nel presente cresce in modo inarrestabile. Certamente bisogna fare tutto il possibile per diminuire la sofferenza: impedire, per quanto possibile, la sofferenza degli innocenti; calmare i dolori; aiutare a superare le sofferenze psichiche…..Sì, dobbiamo fare di tutto per superare la sofferenza, ma eliminarla completamente dal mondo non sta nelle nostre possibilità, semplicemente perché non possiamo scuoterci di dosso la nostra finitezza e perché nessuno di noi è in grado di eliminare il potere del male, della colpa che è continuamente fonte di sofferenza. Questo potrebbe realizzarlo solo Dio: solo un Dio che personalmente entra nella storia facendosi uomo e soffre in essa. Noi sappiamo che questo Dio c’è e che perciò questo potere che toglie il peccato del mondo è presente nel mondo. Con la fede nell’esistenza di questo potere, è emersa nella storia la speranza della guarigione del mondo. Ma si tratta, appunto, di speranza e non ancora di compimento…….Non è lo scansare la sofferenza, la fuga davanti al dolore, che guarisce l’uomo, ma la capacità di accettare la tribolazione e in essa di maturare, di trovare senso mediante l’unione con Cristo, che ha sofferto con infinito amore…..Sofferenza che significa anche accettare l’altro che soffre, assumendo in qualche modo la sua sofferenza, cosicché essa diventa anche mia: ma proprio perché ora è divenuta sofferenza condivisa, nella quale c’è la presenza di un altro, questa sofferenza è penetrata dalla luce dell’amore….E infine, anche il ‘si’ all’amore è fonte di sofferenza, perché l’amore esige sempre espropriazioni del mio io, nelle quali mi lascio potare e ferire. L’amore non può affatto esistere senza questa rinuncia anche dolorosa a me stesso, altrimenti diventa puro egoismo e con ciò, annulla se stesso come tale. Soffrire con l’altro, per gli altri; soffrire per amore della verità e della giustizia; soffrire a causa dell’amore e per diventare una persona che ama veramente, questi sono elementi fondamentali di umanità, l’abbandono dei quali distruggerebbe l’uomo stesso”.
La sofferenza, così intesa ed accettata, diventa luogo privilegiato di incontro con Cristo e, ripetendo le parole di Benedetto XVI, “luogo di apprendimento della speranza”: speranza di salvezza che, misteriosamente, in virtù della Passione del Redentore, Gesù Cristo Crocifisso, è stata resa accessibile a tutti, pur restando conseguibile individualmente, con la personale adesione al Suo insegnamento di amore.
Quali che siano il peso, la fatica e le sofferenze della vita, dovrebbe predominare in tutti la gioia nell’aspettativa di quanto oggetto della nostra speranza, affidando le nostre sofferenze a Maria, Madre di Dio e Madre di misericordia che “in perfetta docilità allo Spirito sperimenta la ricchezza e l’universalità dell’amore di Dio, che le dilata il cuore e la fa capace di abbracciare l’intero genere umano” (dall’enc. Veritatis splendor, di Giovanni Paolo II): “Mi hai fatto riposare sul petto di mia madre”, così recita un versetto del salmo 21, che segue quello iniziale, proclamato con grido straziante da Gesù agonizzante, alla presenza di sua Madre che era lì, a piedi della Croce: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. "

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martedì 18 gennaio 2011

mercoledì 12 gennaio 2011

La relazione con Dio

Dio e' in me e vuole essere in relazione con me ma io lo voglio?
Come puo' Dio mettersi in comunione con me se non sono in relazione con Lui? Non puo', non puo' perche' Lui ci ama infinitamente e chi ama rispetta la liberta' che l'altro ha di scegliere, non lo costringe, fa in modo che lui voglia amarlo e non che lui debba amarlo.
La Santissima Trinita' non e' la Santa relazione tra tre diverse Santita' ma unite come una cosa sola? Gesu' non e' figlio? Maria non e' madre? Queste sono relazioni. Il Verbo fatto carne non ci ha rivelato una relazione paterna tra noi e Dio, una relazione che prima della sua venuta era servile piu' che filiale?

Forse e' necessario instaurare un rapporto personale e unico, quotidiano, partendo proprio da cio' che noi siamo, partendo dal nostro nome e accostandolo all'Altissimo: io Marco parlo con te Padre mio, io Luca parlo con te Padre mio, io Giuseppe parlo con te Padre mio, io ti amo Padre mio, io Ti ascolto Padre mio. Ma non solo, possiamo rivolgerci ai nostri fratelli Santi, a Maria e non per ultimo a Gesu' allo stesso modo, offrendo loro cio' che siamo, cosi' come siamo, loro ci accetteranno e ci perdoneranno sempre perche' loro ci amano da sempre.
Come potremo ricevere risposta se non la chiediamo, se non ci riconciliamo, se parliamo con lui una sola volta a settimana o all'anno, se lui ci invita a mangiare con lui a quel tavolo ma il nostro posto e' vuoto, se il nostro cuore non e' umile ad accettare comunque la Sua volonta'? Come potrebbe il Padre capire l'importanza di cio' che si chiede se a volte non insistiamo come dei figli disperati con un papa' che non ci ascolta?

Le cose hanno senso se non c'e' un contesto, un qualcosa entro la quale le mettiamo in relazione? Noi stessi ci mettiamo in relazione con una persona, con un obiettivo, con un progetto, con un valore per dare senso alla nostra vita.
Come poter discernere delle lacrime di gioia da lacrime di dolore se non le si mettono in relazione all'intero viso o a volte all'intero corpo? Come distinguere un sorriso gioioso da uno falso o sarcastico senza questa relazione con l'intero volto, con gli occhi o l'intero corpo?
Come poter fare un coro se non ci mettiamo in relazione con lo stesso ritmo, lo stesso testo, lo stesso maestro?
Come poter capire se un gatto innanzi a noi e' normale che ci sia se non sappiamo di essere in Italia o al Polo Nord?
Se qualcuno ci dicesse ''questo e' tuo padre'' presentandoci uno sconosciuto, noi potremmo da subito amarlo, capirlo, condividere con lui gioie e sofferenze, abbracciarlo con amore, capire il senso di cio' che ci dice, essere fratello amorevole dei suoi figli? Difficile se non impossibile.

Inoltre viene da chiedersi perche' per dare senso alla nostra vita ci mettiamo in relazione semplicemente con quella cosa o l'altra, noi soli con quel valore o in due con quel valore o in gruppo con quel valore? Perche' invece non ci mettiamo tutti in relazione con chi sposa tutti i valori? Non avrebbe tutto ancor piu' senso per ciascuno di noi?

Se non abbiamo punti di riferimento caleidoscopici a cui guardare, a cui parlare, infiniti nel loro spettro, se guardiamo dalla parte sbagliata, potremo avere la possibilita' di cogliere il colore di quello che ci succede, potremo avere mai la possibilita' di dare senso alla morte, alla sofferenza, al tradimento, al male? Se il nostro riferimento, la nostra relazione e' con un Dio particolare, relativo solo a noi e non universale, un Dio che viene da noi stessi, dal nostro piccolo spettro, potrebbe succedere ad esempio che inizi a prendere forma in me un Dio punitore che fa belli i ricchi e manda in disgrazia i poveri, in altri potrebbe prender forma un Dio lontano e ingiusto che uccide i piu' piccoli e manda terremoti colpendo anche innocenti. Potrebbe prender forma un Dio che ci ha lasciato soli, un Dio senza figli, un Dio solo per pochi. Senza il legame fiducioso con una verita' vera per tutti, un bene vero per tutti, molto potrebbe non aver senso perche' per me Dio e' questo, per te Dio e' quest'altro e allora capirsi, condividere, dialogare, comprendere, diventa difficile, a volte impossibile spesso senza senso.

Forse dovremmo essere piu' attenti a quando il Signore passa, a quando ci tende la mano, ci invita, ci propone il suo amore, dovremmo cercare di non lasciare che lui vada via ma che resti sempre qui con noi, in noi e ci sveli il nome del suo amato figlio prediletto. Dio e' anche Spirito e in tale forma lui puo' manifestarsi a noi, in tale forma soffia verso di noi. Dovremmo forse accettarlo per com'e' come lui accetta noi per come siamo e deciderci per questa relazione speciale, di gioia, di grazia, materna, paterna.
Gesu' ha svelato la via, ci incoraggia, ci ha detto come porci nei confronti di Dio: noi siamo figli, la relazione che Lui ci propone e' una relazione d'amore che misteriosamente si manifesta nella massima sofferenza e nella massima gioia, due elementi che, guarda caso, se il nostro cuore si apre ad essi con fiducia, uniscono, ci saldano gli uni agli altri come null'altro, due elementi di comunione che ci rendono... incredibilmente... tutti uguali, tutti fratelli, tutti figli.

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mercoledì 5 gennaio 2011

Come i magi

I magi, i sapienti possono trovarTi Gesu' se si affidono solo alla loro intelligenza, alla loro ragione, a cio' che sanno da loro stessi? Come Tu ci insegni, non potrebbero mai, ma potrebbero sempre dire che il Natale non esiste, che Tu Cristo mio, nostro Signore non risulTi da nessuna parte. Ci sono cose che non si spiegano e non si trovano con la sola testa ma con la fede di un bambino, con gli occhi e il cuore di un infante. Che gli increduli non biasimino un bambino se crede a cio' che e' impossibile alla mente ma che sorridano amorevolmente alla sua ingenuita'. Noi uomini non sappiamo e non possiamo sapere tutto perche' non siamo onniscienti. A volte e' necessario abbandonare ogni cosa acquisita con i sensi e, con umilta', seguire una stella cometa in cielo, la luce, che seppur incredibile, con passo sicuro, ci conduce a te e ci rivela il figlio di Dio fatto uomo per noi.

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A tempo

Come ogni musica e' a tempo e il tempo ci dice quando suonare, quando cantare, quando ballare, quando muovere la pennata di una chitarra, quando vibrare le corde della nostra voce, cosi' Signore Tu in ogni istante, ora, adesso batti il tempo della vita nostra, batti il tempo del nostro cuore, batti ogni tempo per te, con te, in te.

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Contatti

odo.ital.founder@gmail.com

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